venerdì 4 aprile 2008

Abbandono lavoro e famiglia... (4)

L'aria è tesa. C'è qualche cazzo pesante che bolle in pentola. Dopo una boccata alla sigaretta, Marco inizia a parlare. E' un fiume in piena. Parla della sua ragazza. La tipa sta all'estero a fare un anno di praticantato presso una scuola. I patti tra i due erano: tu vai fuori un anno, ed io faccio il bravo. Ma tra un anno torni, mettiamo la testa a posto, magari iniziamo una convivenza, poi forse un matrimonio, qualche marmocchio in prospettiva, insomma una cazzo di vita normale, come dio comanda. E invece la tipa dice che non vuole tornare. Che Parigi è bella, che si vuole realizzare in Francia. Non vuole perderlo, perchè lo ama e bla bla bla, però vuole continuare a stare lì. Non lo sa. E' confusa. Anzi no, ti avverto, ho deciso: io non torno. Anzi no, forse torno. Però non cambio idea. Sia chiaro che non cambio idea. Però ti amo, non voglio perderti, perchè non vieni qui, lasci tutto e vieni da me, tutto quello che ti sei faticosamente costruito lo butti a puttane e vieni all'estero con me, e bla bla bla.
Marco parla velocemente. Con gli occhi stretti per il fumo che sale dalla sigaretta perennemente vicina alle sue labbra. Parla con delusione, non con rabbia. E questo mi fa strano. Perchè secondo me dovrebbe stare incazzato come una belva. E invece no, mi pare rassegnato. Deluso. Amareggiato. Come uno che si sente preso per il culo da un tot di tempo, e non se ne era mai accorto. Lui ne ha fatte di stronzate, ok. Negli anni passati, quando erano un pò più ragazzi, Marco non si è fatto problemi. Però ultimamente, dopo che erano tornati insieme, Zelig sembrava aver messo tutto in chiaro nella sua vita: priorità, interessi, cazzi vari, eccetera. E si vedeva, santiddio, che lui voleva fare le cose serie. Pronto a sacrificarsi. A fare pure dieci passi indietro, per lei. Però pure lei, cazzo di budda, doveva fare qualche passo avanti, altrimenti niente. E invece, lei è rimasta lì, ferma sulle sue instabili posizioni, convinta da chissachi che la vita è una sola e va vissuta lontano da Marco, a Parigi o in qualche altro buco del culo del Mondo. A fare la meastrina o altri cazzi, ma comunque pensando a se stessi in primis.
Io vorrei dirgli qualcosa, a Marco. Vorrei dirgli di mandarla a fare in culo. Di non mettere la sua dignità di maschio sotto i piedi. Vorrei dirgli di rispondere con orgoglio a questa decisione. Che non può accettare questa situazione, che non esiste proprio di mettere in discussione una storia di dieci anni per rincorrere un sogno. Ci vogliono i piedi per terra e la testa sulle spalle, cazzo!
Vorrei dirgli tutte queste cose, ma sto zitto. Perchè penso che in certi momenti un amico ascolta. Muto, nel rispetto del dolore del tuo fratello. Non come le amiche di lei, quelle che le dicono "strafregatene di Marco", "pensa a te stessa, sii egoista ogni tanto" e stronzate del genere. I veri amici stanno muti, si fanno i cazzi loro e parlano solo se interpellati.
Allora tenti di sviare la discussione: "Nun ce pensà chiù!" - gli faccio sorridendo - "stasera stiamo qui, vicino allo stadio, senza donne tra le palle, e vaffanculo al mondo!".
Marco mi guarda, apre gli occhi, sorride, solleva la birra come per proporre un brindisi e dice: "Ma si... vaffanculo al mondo!".
Avvertenza

3 commenti:

Anonimo ha detto...

complimenti..per il blog

davvero!

avanti ultras!(a gamba tesa)

marco ha detto...

è da aggiornare.......percio' ho bisogno di una birra al gazebo o al foro italico......nn riesco a tracciare una retta tra due punti..............

marco ha detto...

and i'll never walk aloneeeeeeeeeeeee cause i've you near me........