martedì 29 gennaio 2013

Ciao Spagna

lunedì 28 gennaio 2013

Stile Juve

Marotta bellosguardo ha detto che l'arbitro era napoletano, per questo non ha dato il rigore alla Juve.
Lo stesso arbitro, nel primo tempo, nega un rigore al Genoa per netto fallo di mano di Vucinic: di dov'era? Di Pinerolo?
Stile Juve.

Al fischio finale, Conte e alcuni calciatori della Juve hanno assediato gli arbitri e urlato sguaiatamente la loro rabbia. Sono gli stessi che ci dissero, dopo Pechino, che le sconfitte bisogna accettarle serenamente.
Stile Juve.

Veniamo ai tifosi, che sono la cosa che a questo blog interessa di più.
I tifosi della Juve hanno esposto uno striscione indegno contro i torinisti a proposito della tragedia di Superga. Gli stessi hanno fatto comminare una multa alla Juventus per cori antinapoletani, definiti "cori di discriminazione territoriale" (???) La società? Quando stigmatizza il comportamento dei propri tifosotti, cioè molto raramente, è solita scrivere comunicati di 3-4 righe.
Stile Juve.

Una società con la fedina penale della Juve dovrebbe semplicemente fare silenzio.
Quanto ai tifosotti bianconeri che si atteggiano ad ultras, è la storia che (non) parla per loro.

mercoledì 23 gennaio 2013

Oggi Roma - NAPOLI Primavera: forza ragazzi!

Oggi c'è una partita importante per i giovani della Primavera azzurra: nella semifinale di Coppa Italia giocheranno contro la Roma di Alberto De Rossi, padre del famoso Daniele, formazione ostica e con grande tradizione (negli ultimi anni hanno vinto campionati e coppe varie).

Vogliamo far arrivare il nostro sostegno alla compagine partenopea, certi che i nostri ragazzi lotteranno su ogni pallone. 
Forza ragazzi!

sabato 19 gennaio 2013

Caso Scaroni, ingiustizia è fatta


Sono stati assolti per insufficienza di prove tutti i poliziotti imputati a Verona nel processo di primo grado per il massacro di Paolo Scaroni, Ultras del gruppo Brescia 1911. Era il 24 settembre 2005, al termine della partita Verona Brescia, quando i tifosi bresciani, pronti a rientrare a casa, subirono diverse cariche violentissime sul primo binario della stazione Porta Nuova. Paolo venne sbattuto a terra e ripetutamente colpito alla testa, massacrato di botte e ridotto in fin di vita.

Oggi, a distanza di oltre sette anni,  la sentenza vergognosa del Tribunale di Verona che non rende giustizia a Paolo e a chi in quel giorno subì la repressione poliziesca. A motivare l’insufficenza di prove il buco di 10 minuti nelle riprese effettuate dalla polizia quel giorno, proprio i minuti nei quali Paolo finì a terra sotto i colpi dei manganelli dei poliziotti.


Questa che segue è la lettera di Paolo Scaroni, scritta alla vigilia della sentenza:

Salve a tutti, mi chiamo Paolo Scaroni e Vi scrivo -nella speranza di avere la Vostra attenzione- alla vigilia dell’ultima udienza del processo nel quale sono imputati otto celerini del VII Reparto Mobile di Bologna, indagati per il reato di lesioni gravissime (per la cronaca il PM ha chiesto otto anni di condanna per i celerini, e l’iscrizione nel registro degli indagati per alcuni dirigenti della Questura scaligera accusati di falsa testimonianza).
Durante questa udienza sarà emessa la sentenza di primo grado.

Per chi non conoscesse ancora la mia vicenda (ormai, mio malgrado, sono diventato un personaggio di interesse pubblico), sappia che più di sette anni fa sono stato pestato a sangue e ridotto in fin di vita mentre cercavo di risalire sul treno che mi avrebbe dovuto riportare -di lì a poco- nella mia città (Brescia) e dalla mia famiglia, cioè a quella quotidianità fatta di duro -ma dignitoso- lavoro, di sport, di sentimenti umani, di valori cristiani, di amici veri, di amori personali.

Purtroppo, come molti sapranno, così non fu, e al mio paesello (Castenedolo – BS) feci ritorno solamente dopo un intervento miracoloso (la prima prognosi mi dava per spacciato, la seconda mi relegava a un vegetale) e dopo alcuni mesi di terapie e riabilitazioni intensive, cure impegnative e dispendiose che, naturalmente, continuano tuttora (sono invalido al 100%, e poiché non ho più speranza di migliorare, almeno fisicamente, continuo la dolorosa fisioterapia nel tentativo di mantenere quel poco che mi è stato risparmiato). Il 24 settembre 2005, giorno del fattaccio, ero “reduce” dalla partita: Hellas Verona vs Brescia (giusto per la cronaca, un pareggio senza recriminazione alcuna), e mi ero appena rifocillato presso il bar sito sotto la stazione approfittando -fra l’altro- di una situazione senz’altro tranquilla e favorevole, almeno fino a quel momento; uno stato apparente che aveva ingannato non solo me, ma anche il migliaio di tifosi bresciani presenti quel giorno in trasferta, la maggior parte dei quali già sistemati sul treno, pronti a ripartire.

Con i miei amici -e con gli ultimi ritardatari- stavo appunto dirigendomi verso gli scalini del treno quando sono stato colpito alle spalle da una selva di manganellate che hanno ridotto la mia testa a una sorta di ananas tumefatto, causando fra l’altro un ematoma profondo e letale (il referto medico ha dimostrato quanto fosse risoluta la volontà di questi celerini nel colpire esclusivamente alla testa; sul mio corpo infatti non sono state trovate altre ecchimosi).

Ora, poiché a qualcuno di Voi sembrerebbero inverosimili -sebbene meriterebbero un doveroso approfondimento- Vi risparmio i particolari più scabrosi e inquietanti che hanno contrassegnato l’intero processo (se un giorno avrete la pazienza di leggere la reale ricostruzione dei fatti ottenuta grazie alle varie testimonianze, Vi potrete renderete conto di quanto fosse tragica, paradossale e perfino di una certa attualità la situazione nella quale sono rimasto -mio malgrado- coinvolto).Ma dopo sette anni e mezzo, credetemi quando Vi dico che di quegli attimi ricordo soprattutto l’impotenza nel difendermi e nel trovare una copertura anche improvvisata (ho tentato di infilarmi addirittura sotto il treno, purtroppo senza successo); la crudeltà e la precisione con cui -senza alcun risparmio- era martoriata la mia nuca; i laccetti dei manganelli -usati evidentemente al contrario- che si alternavano davanti ai miei occhi; il tentativo degli amici di trarmi in salvo a costo della loro stessa vita.

Ogni tanto, mi capita ancora di svegliarmi di soprassalto nel bel mezzo della notte in cerca di riparo.
Dopo sette anni e mezzo, la vita precedente a quegli istanti è solo un ricordo molto sfumato.
Dopo sette anni e mezzo, ancora non conosco il motivo scatenante di tanta barbarie.
Dopo sette anni e mezzo, ancora non conosco con certezza i volti dei miei carnefici.
Per questo l’udienza di venerdì prossimo per me ha un’essenza… vitale.

Certo, prima di esprimermi fino in fondo, aspetterò con pazienza ancora qualche tempo, ma se poi le mie impressioni fossero confermate, allora pretenderò tutto quello che mi è stato negato fino a questo momento.
Soprattutto, mi batterò affinché non accada più a nessun altro quanto è accaduto a me.

Come già detto, le vite mie e dei miei familiari sono state sepolte nell’arco di pochi attimi, travolte e distrutte da una violentissima carica frutto -a quanto sembra- della meschinità e della ferocia di poche -ma consapevoli- persone.

Individui dei quali -ripeto- ancora non conosco il volto, ma delle cui intenzioni ormai ho la certezza: volevano uccidermi.

Uomini (ma davvero si possono considerare tali?) che non hanno avuto nessuna pietà e nemmeno la dignità e la coscienza di redimersi o chiedere scusa, probabilmente ancora oggi convinti di avere fatto una cosa utile e giusta.

Celerini rimasti fino ad ora nascosti, con ogni probabilità nella speranza di un’archiviazione prima, e di una sentenza favorevole poi.

Anche per tutto questo, durante i lunghi e tormentati giorni riabilitativi ho pensato più di una volta a una possibile vendetta nei confronti dei miei aguzzini.

Poi però hanno prevalso i valori cristiani anzidetti e la solidarietà degli amici e dei tanti Ultras -anche rivali- che sono sempre stati al mio fianco (durante la scorsa udienza erano più di trecento; per la prossima ne sono previsti più del doppio) dimostrando non solo tutta la loro grande umanità, ma anche una maturità non comune, molto spesso sottovalutata e quasi mai riconosciuta.

Non mi resta perciò che attendere con fiducia e serenità questa sentenza.

E nell’attesa Vi prego di concedermi lo spazio necessario per fare un appello non solo a tutti i bresciani presenti quel giorno a Verona che hanno rischiato -proprio come me- la loro vita, ma anche a tutti quei cittadini italiani convinti di non poter incappare in questo genere di disgrazie per il semplice fatto di non andare allo stadio.

Purtroppo, la cronaca degli ultimi anni è piena di vicende simili alla mia che potrebbero smentire questa certezza.

Storie anche più tragiche, accadute molto lontano dagli stadi; basti pensare a Federico Aldrovandi, un giovane ragazzo di Ferrara che di ritorno da una serata passata con gli amici è stato “intercettato” e fermato da una pattuglia, massacrato a suon di botte e infine assassinato. Il tutto a poche ore di distanza dall’aggressione da me subita.

Come dimenticare poi Gabriele Sandri, giovane tifoso laziale assassinato lungo l’autostrada da un poliziotto trasformatosi in uno sceriffo giustiziere.

E il mio elenco potrebbe continuare, ma non voglio rubarvi altro spazio.

Ricordiamoci però che esiste una sola maniera per evitare altre tragedie come queste: massima responsabilizzazione e numeri di identificazione per tutti gli appartenenti alle forze dell’ordine (questo anche per tutelare chi non disonora la divisa).

Quindi voglio ricordare a tutti quelli che decideranno di sostenermi venerdì, di farlo come sempre col cuore, ma anche e soprattutto con la testa; questo a prescindere dal tipo di sentenza che sarà emessa.

Nonostante tutto, ho ancora la forza non solo di raccontare la mia storia fino alla fine, ma anche di sopportare un’altra eventuale ingiustizia; inoltre, credo di possedere la determinazione per affrontate -a testa alta- tutti i gradi di giudizio restanti.

Mi rivolgo infine alle istituzioni e alla stampa, affinché raccolgano il mio invito a essere al mio fianco (sono un cittadino bresciano) venerdì a Verona per quella che mi auguro possa essere una giornata di Verità e Giustizia.”

Paolo Scaroni, vittima di uno Stato distratto

giovedì 17 gennaio 2013

Calcio femminile, gemellaggio Napoli - Merdona


La notizia del gemellaggio tra le squadre di calcio femminile di Napoli e Merdona mi ha colto di sorpresa. Anzi, più che sorpresa ho provato fastidio.
L'articolo de Il Mattino è esplicito (http://www.ilmattino.it/sport/calcio/gemellaggio_napoli_verona_femminile_calcio/notizie/244736.shtml)
come è esplicito il servizio di Sky.

Come è noto, questo è un blog libertario: ognuno può dire la sua, difendere questo gemellaggio o attaccarlo.
Bene. Io dico la mia: NO AL GEMELLAGGIO con quella squadra (maschile o femminile non fa differenza), con quella città e con quel popolo. L'odio che Verona cova nei confronti di noi napoletani esula dall'ambito calcistico: è un odio di popolo, con fortissimi connotati etnici e razzisti.
Non credo che la situazione sia diversa per il calcio femminile, anzi.
Inoltre c'è anche una questione di rispetto per una rivalità storica che, come è noto, travalica i confini dello sport fino a sfociare in contrasti storico-culturali, politici ed economici.
Giusto? Sbagliato? Ognuno la pensi come vuole. Io dico che questo gemellaggio non può e non deve cancellare decenni di rivalità sportiva e non.
Non andava fatto.


martedì 15 gennaio 2013

Fratelli duosiciliani

sabato 12 gennaio 2013

Le tremolanti gambe di Yaya Tourè



“Ci sono posti in cui vai una volta e basta… e poi c’è Napoli”. così si apre la parte in prosa di “Passione”, un documentario capolavoro che sbancò il Festival di Venezia di un paio d’anni fa, diretto da John Turturro che parla della canzone napoletana facendo cantare alcuni dei nostri più grandi interpreti. A pensarla come lui è Yaya Tourè che fino a pochi giorni fa per i napoletani era solo un incubo finito bene ma che da oggi è un assoluto idolo. Come mai? Beh, questo signorotto di 2 metri ha tessuto lodi strappalacrime nei nostri confronti a Sky, nel corso de “I signori del calcio” dicendo testuali parole: “La mattina andammo a fare riscaldamento al San Paolo, Carlos (Tevez) mi parlava di questo stadio, ma io che ho giocato nel Barça mi dicevo, che sarà mai! Eppure quando misi piede su quel campo sentii un qualcosa di magico, di diverso. La sera quando ci fu l’inno della Champions, vedendo 80.000 persone fischiarci mi resi conto in che guaio ci eravamo messi! Qualche partita importante nella mia carriera l’ho giocata, ma quando sentii quell’urlo fu la prima volta che mi tremarono le gambe! Bene, fu li che mi resi conto che questa non e’ una solo squadra per loro, questo e’ un amore viscerale, come quello che c’è tra una madre ed un figlio! Fu l’unica volta che dopo aver perso rimasi in campo per godermi lo spettacolo!”.
Questa dichiarazione l’ho letta decine di volte e quando provo a leggerla ad alta voce la suddetta trema. È la descrizione più poetica che io abbia mai avuto il piacere di commentare. Prima dell’andata col Chelsea Villas-Boas disse che “Il Napoli non è solo una squadra di calcio, è lo stato d’animo di una città” ed è qualcosa di vero perché solo chi vive i problemi di tutti i giorni può veramente apprezzare le gioie che una città piena di contraddizioni come la nostra ci sa regalare.
Tourè ha fatto un regalo grandissimo ad un popolo che a queste parole non è abituato. Ieri, al TG1, nell’intervista di Cavani è stato evidenziato il fatto che ad Edi piacerebbe giocare con Balotelli non quando dice che gli piace vivere a Napoli e che vive benissimo qui, no. Perché questo è quello che l’Italia, il resto dell’Italia, non vuole dire. Per paura, per retaggio culturale. Per un qualcosa che ormai cercare di spiegare è superfluo visto che Napoli è più che una città, “Va oltre ogni classifica” come dice Erri De Luca e allora grazie Yaya perchè hai affrontato il mostro del San Paolo come uomo di grande onore, De Crescenzo dice “Chi Io sa come è Napoli veramente. Comunque io certe volte penso che anche se Napoli, quella che dico io, non esiste come città, esiste sicuramente come concetto, come aggettivo. E allora penso che Napoli è la città più Napoli che conosco e che dovunque sono andato nel mondo ho visto che c'era bisogno di un poco di Napoli”, tu,uomo africano trapiantato in Europa, hai tanto Napoli nel cuore.

lunedì 7 gennaio 2013

NAPOLI - Roma, striscione Fedayn

La bellissima vittoria di ieri sera non può, e non deve, far dimenticare la battaglia che gli ultras continuano a combattere contro le leggi ingiuste e la mentalità omologante del Sistema.
Estranei alla Masse SEMPRE!


Venire con te in trasferta mi manca tanto,
ma non essere omologato è il mio più grande vanto

domenica 6 gennaio 2013

Anno nuovo... vecchie abitudini.


Prima partita del 2013. Al Tempio viene la Roma. Una bella squadra, pericolosa e in condizione. Con una tifoseria calda che, dopo un vecchio gemellaggio finito in frantumi, è ad oggi una delle più agguerrite nemiche degli ultras partenopei. Epici sono gli scontri che si sono verificati tra noi e loro. Sia quando giocavamo contro, sia quando ci incontravamo in qualche autogrill. E non contava la manifestazione: campionato o coppa italia, era sempre una battaglia. Ed anche uno spettacolo. Perchè vedere i settori ospiti del San Paolo o dell'Olimpico zeppi di tifosi era sempre e comunque uno spettacolo. 
Dal gesto di Bagni in poi, la partita contro la Roma assume sempre i connotati dell'evento: i giornalisti la chiamano "derby del centrosud" oppure "derby del sole" e altre amenità del genere; le televisioni e le radio locali (che a Roma sono una vera e propria istituzione) sono in fermento. Io abito a Roma dal 2007: so di cosa parlo. 

Non è una partita come le altre. Noi lo sappiamo. Speriamo che lo sappiano anche i nostri calciatori.
Anno nuovo... vecchie abitudini: MENTALITA' sempre e comunque.

martedì 1 gennaio 2013

Per un 2013... sempre A GAMBA TESA!



Auguri a tutti gli ultras, sia quelli che ancora possono andare allo stadio sia a quelli che non possono andarci più.
Auguri a tutti gli ultras della vita, che vivono ogni giorno il loro ideale, in ogni luogo e in ogni tempo.
Auguri a tutti coloro che sono ancora in piedi in un mondo di rovine.
Auguri a tutti coloro che non piegano mai la schiena, non abbassano mai la testa nè indietreggiano davanti al Sistema.