martedì 22 gennaio 2008

Trasferta in casa (13)

Appena mi riprendo un attimo, lancio un'occhiata severa a quello stronzo dell'orologio: è quasi finita, ed è proprio quel "quasi" che mi fa rodere il culo. Il cornuto dell'arbitro non ne vuole proprio sapere di fischiare la fine. Tutto lo stadio è un unico assordante fischio. Io cerco di darmi una sistemata: ho la t-shirt fuori dai jeans, la vrachetta spuntata e la felpa stropicciata. Massimo oramai non fa altro che urlare. E' dietro di me ed è appoggiato sulle mie spalle. Mi stona. Ma chi se ne fotte...speriamo solo che sto stronzo si muove a fischiare la fine! Marco sta fumando alla Zeman: con un tiro si fa fuori mezza cicca. Andrea e Peppe sono come paralizzati. E io penso per un attimo - ma solo per un attimo - che questo cazzo di sport è troppo bello. I brividi che ti dà quella palla che entra in rete ti prendono nello stomaco, porca puttana. Ti prendono nello stomaco. Come un cazzotto di Tyson. Però, fanculo, non soffri nemmeno: è un dolore piacevolissimo.
I tifosi sono certamente dei masochisti: spendono soldi, macinano chilometri, rinunciano a ferie e gite in famiglia, saltano pranzi goduriosi e cene prelibate, e tutto per una maglia, per un colore, per una bandiera. Se ci penso - razionalmente o quasi - è da stupidi farsi il culo in quattro parti per un branco di mercenari del cazzo. Per non parlare di quei venduti degli arbitri e di quelle merde di presidenti. Gente che lucra sulla tua passione, sul tuo orgoglio, sul tuo tempo. E tu lo sai, cazzo, lo senti. Ti entra dritto in culo e non chiede permesso. Senza vasellina. Ma tu ti tieni tutto, e stringi pure le chiappe, perchè speri sempre di farla franca. Di arrivare prima sul pallone. Di spuntarla in zona Cesarini. Di arrivare un punto sopra. E pure per te, come per quel gooners di Febbre a 90 °, il tempo che passa non lo conri più in anni, ma in stagioni. Quando sei nato? Alla fine del girone d'andata dell'80/81.
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